lunedì 27 maggio 2013

L'Immaginazione Scientifico-Poetica


La matematica nella Letteratura

Ti con zero, pubblicato nel 1967, è essenzialmente la terza parte delle Cosmicomiche di Italo Calvino, in cui un personaggio di nome Qfwfq rappresenta il tentativo letterario di Calvino di seguire il flusso della scienza per capirla.


"...Si fa dunque riferimento ad una razionalità critica che, come hanno evidenziato le recenti indagini nell’ambito di alcune discipline quali la neurobiologia, l’epistemologia evoluzionistica e l’ecologia, non esclude ma presuppone l’emozione e i sentimenti. Da questo punto di vista, l’esperienza artistica, a partire dal Novecento, ha rispecchiato e spesso preceduto l’innovazione tecnologica e le nuove visioni del mondo suggerite dall'indagine scientifica. Essa rappresenta perciò una delle forme espressive in grado di percepire con anticipo e porre con incisività il tema del controllo diffuso delle nuove tecnologie e della loro realizzabilità in un mondo possibile e accettabile..."

Nella conferenza Cibernetica e fantasmi (novembre 1967), che seguì di poco Ti con zero, Calvino accolse con piacere l'idea di una letteratura elaborata da un cervello elettronico. In questo non c'è infatti la sconfitta dell'arte di fronte alla macchina, ma la conferma della rappresentabilità del "genio" o dell' "ispirazione" come "macchina scrivente". 
Questa interpretazione in chiave tecnologica della creatività nasce da una personale e dichiarata «agorafobia intellettuale». Non a caso, Cibernetica e fantasmi si chiude con il riferimento all'ultimo racconto di Ti con zero, dove Edmond Dantès cerca di immaginare la prigione perfetta, al fine di calcolare le possibilità di fuga dalla fortezza dove è rinchiuso. Allo stesso modo, il gioco dei possibili narrativi, all'interno del quale la letteratura sembra funzionare come un sistema tecnologico raffinato, mira a calcolare una possibilità di fuga dalla ripetizione e dalla prevedibilità del mondo. 
Un anno dopo, nelle Due interviste su scienza e letteratura, Calvino ritorna sull'argomento esaminando le possibilità creative ed eversive del ragionamento scientifico. Secondo Calvino, la scienza non concepisce affatto il linguaggio come strumento neutro e rigidamente codificato ; il suo culmine è invece la creatività dell' « immaginazione scientifico-poetica » che ispira le pagine più affascinanti di Galileo o i giochi verbali di Queneau. All'oggettività pseudoscientifica egli contrappone il ritorno a una visione mitica, costruita per immagini.
"Galileo usa il linguaggio non come uno strumento neutro, ma con una coscienza letteraria, con una continua partecipazione espressiva, immaginativa, addirittura lirica".
(Italo Calvino, Perchè leggere i classici)

sabato 25 maggio 2013

L'inventore di giocattoli

Uno dei personaggi più significativi tra 600 e 700 è Jacques de Vaucanson, l'inventore del primo telaio automatico e alcuni automi. Il primo, una navicella meccanica, lo costruisce a 15 anni. 
Tra le sue invenzioni anche quella di un piccolo flautista completamente automatizzato con labbra mobili, una lingua meccanica che fungeva da valvola per la voce e dita mobili che aprivano e chiudevano i registri del flauto. 


Ma la sua invenzione più famosa è un' anatra che poteva bere acqua col becco, mangiare semi di grani e replicare il processo di digestione! Ognuna delle sue ali conteneva 400 parti in movimento che potevano simulare le movenze di un'anatra vera. Voltaire fu così colpito da ribattezzare Vaucanson "il rivale di Prometeo".

Il robot umanoide di Leonardo che 
rispettava, naturalmente, le proporzioni
vitruviane e rappresentava un cavaliere
medioevale in armatura, era costituito
da due metà indipendenti.
Le gambe avevano le articolazioni dell’anca 
del ginocchio e della caviglia mentre, 
per la parte superiore erano dotate di 
articolazioni le spalle, i gomiti il polso e 
le mani. Le membra erano mosse da 
corde che simulavano i tendini ed i muscoli. 
I movimenti delle braccia erano regolati 
da un controllore programmabile mentre 
le gambe erano mosse da una manovella 
esterna collegata alla caviglia al ginocchio 
ed all’anca; la modernità della realizzazione 
di Leonardo consiste proprio nella 
programmabilità.
Pare che già Leonardo da Vinci avesse costruito alcuni complicati giocattoli meccanici durante il suo soggiorno alla corte di Francesco I, all’inizio del Cinquecento. 
Alcuni esemplari di giocattoli meccanici rudimentali in ceramica sono stati riportati alla luce in Egitto, e si hanno notizie di complessi meccanismi in miniatura per bambini ideati in Grecia da Erone di Alessandria, il grande matematico vissuto intorno alla metà del I secolo a.C. Animaletti meccanici erano il divertimento di ragazzini privilegiati anche in Persia e nell’impero bizantino. Nel 1207 vide la luce in Europa il libro Ingegnosi congegni meccanici di al-Jazari, nel quale sono descritti giocattoli meccanici costruiti per i nobili dell’epoca. La progettazione dei giocattoli automatici richiese sempre maggiori competenze, ed è molto probabile che, a partire dal XVII secolo, dessero il loro contributo anche i maestri orologiai. Fu in quel secolo che i giocattoli meccanici fecero la loro comparsa in Giappone: uno dei più noti era il teatro Karakuri di Takeda Omi. In Francia divenne famoso Jaquet-Droz, inventore di bambole in grado di scrivere, disegnare e suonare l’arpicordo; in Inghilterra grandi invenzioni si ebbero in epoca vittoriana. 
Nei due secoli successivi le ditte americane Ives e Hull & Stafford, la francese Fernand Martin, l’inglese W.H. Britain, la tedesca Ernst Planck e le aziende italiane Ingap e Bell lanciarono numerosi
modellini di ogni tipo: cavalli, carri, rematori in barca, navi, treni e giostre, oggetti oggi ricercatissimi dai collezionisti.

I tre principi di Serendippo


"C’ era anticamente ad Oriente, nel paese di Serendippo (l’attuale Sri Lanka), un grande e potente re, chiamato Giafar, il quale aveva tre figli maschi, coltissimi perché educati dai più grandi saggi del tempo, ma privi di un'esperienza altrettanto importante di vita vissuta.  
Per provare, oltre alla loro saggezza, anche le loro attitudini pratiche, decise di allontanarli dal regno e, perchè diventassero ancora più perfetti, stabilì che andassero a vedere il mondo per conoscere per esperienza diretta i diversi costumi e i modi di fare di molte nazioni che già conoscevano per averli studiati sui libri o appresi dai precettori. Durante il loro viaggio i tre fecero diverse scoperte, grazie al caso e alla loro sagacia, di cose che non stavano cercando. 
Da poco giunti nel Paese del potente imperatore Bahrām, i principi si imbatterono in un cammelliere, disperato perché aveva perduto il proprio animale. I tre pur non avendolo visto, dissero al poveretto di averlo incontrato un bel po’ avanti, lungo la strada. Per assicurare il cammelliere gli fornirono, come prova, tre elementi: il cammello perduto era cieco da un occhio, gli mancava uno dente in bocca ed era zoppo. Il buon uomo, ripercorse a ritroso la strada ma non riuscì a ritrovare l'animale.
Il giorno seguente, ritornato sui suoi passi, incontrò di nuovo i tre giovani e li accusò di  averlo ingannato. Per dimostrare di non aver mentito i tre principi aggiunsero altri tre elementi. Gli dissero che il cammello aveva una soma, carica da un lato di miele e dall'altro di burro, portava una donna, e questa era incinta.
Di fronte a questi particolari, il cammelliere diede per certo che i tre avessero incontrato il suo animale ma, vista la ricerca infruttuosa, li accusò di avergli rubato il cammello. I nobili singalesi, imprigionati nelle segrete dell'imperatore Bahrām, affermarono di aver inventato tutto per burlarsi del cammelliere ma le apparenze li inchiodavano e così vennero condannati a morte perché ladri.
Fortunatamente un altro cammelliere, trovato il cammello e avendolo riconosciuto, lo ricondusse al legittimo proprietario. Dimostrata in tal modo la propria innocenza, i tre vennero liberati non senza una adeguata spiegazione di come avessero fatto a descrivere l'animale, senza averlo mai visto.
I tre rivelarono che ciascun particolare del cammello era stato immaginato, grazie alla capacità di osservazione e alla sagacia. Che fosse cieco da un occhio era dimostrato dal fatto che, pur essendo l'erba migliore da un lato della strada, era stata brucata quella del lato opposto, quello che poteva essere visto dall’unico occhio buono dell’animale. Che fosse privo di un dente lo dimostrava l'erba mal tagliata che si poteva osservare lungo la via. Che fosse zoppo, poi, lo svelavano senza ombra di dubbio le impronte lasciate dall'animale sulla sabbia. Sulla spiegazione del carico i tre dissero di aver dedotto che il cammello portasse da un lato miele e dall'altro burro perché lungo la strada da una parte si accalcavano le formiche (amanti del grasso) e dall'altro le mosche (amanti del miele); aveva sul dorso una donna perché in una sosta il passeggero si era fermato ai lati della strada a urinare, e questa urina era stata odorata da uno dei principi per curiosità, venendo egli preso da un desiderio carnale che può venire solo da urine di una donna, aveva dedotto che il passeggero doveva essere di sesso femminile. Infine la donna doveva essere gravida, perché poco innanzi alle orme dei piedi c'erano quelle delle mani, usate dalla donna per rialzarsi a fatica visto che doveva avere un corpo pesante. Le spiegazioni dei tre principi stupirono a tal punto Bahrām che decise di fare dei tre giovani sconosciuti i propri consiglieri. I tre principi in incognito offrirono così i lo ro servigi all'imperatore, salvandogli anche la vita, risolvendo situazioni difficili o prevedendo il futuro. " 

(tratto dal libro di Renzo Bragantini, Il riso sotto il velame)

Serendipità è un neologismo che viene dal termine inglese Serendipity, coniato da Horace Walpole, il quale era rimasto colpito dal racconto di Cristoforo Armeno e ne estrasse il seguente significato: "scoprire una cosa non cercata e imprevista mentre se ne sta cercando un'altra."Questo non vuol dire avere semplicemente fortuna ma pittosto essere aperti al vero significato della ricerca. La serendipità è un elemento importantissimo nella ricerca scientifica.

Esempi:
1) l'America è stata scoperta da Cristoforo Colombo mentre cercava le Indie;
2) il compito del pancreas nel diabete è stato scoperto da von Mering e Minkowsky che in realtà ceravano di scoprirne il compito nella digestione;
3) la struttura del benzene da parte di  Kekulè che scoprì la conformazione della molecola sognando un serpente che si mangia la coda.

mercoledì 22 maggio 2013

La civiltà delle macchine

       
Giuseppe Ungaretti (Alessandria d'Egitto, 8 febbraio 1888- Milano, 1 giugno 1970)

La Civiltà delle macchine è stata una rivista realizzata da Sinisgalli tra il 1953 e 1958, anni in cui l'Italia andava verso l'industrializzazione e c'era una grande produzione di macchine, in cui Ungaretti, nel primo numero, risponde a Sinisgalli così:
"Caro Sinisgalli, mi chiedi quali riflessioni mi vengono suggerite dal progresso moderno, irrefrenabile, della macchina. (…). Ho detto una volta e già sono passati molti anni, che ritenevo la civiltà meccanica come la maggiore impresa sorta dalla memoria, e come essa fosse insieme impresa in antinomia con la memoria.
La macchina richiamava la mia attenzione perché racchiude in sé un ritmo (…). La macchina è il risultato di una catena millenaria di sforzi coordinati. Non è materia caotica. (…). Le calcolatrici elettroniche riescono a risolvere come niente equazioni che richiederebbero, se quei conteggi avesse da farli direttamente il matematico, anni e anni di lavoro, e forse gli anni non basterebbero; ma il prodigio non è qui: il prodigio metrico non è tanto nei prodotti di calcolo di quella macchina quanto nella macchina stessa: nei suoi congegni, nelle funzioni che, dai rapporti che tra di essi istantaneamente s’istituiscono, derivano, possono senza fine derivare. In quel prodigio di metrica noi possiamo ammirare il conseguimento di una forma articolata che, per raggiungere la sua perfetta precisione di forma, dovette richiedere ai suoi ideatori e ai suoi costruttori un’emozione non dissimile da quella, anzi identica a quella, cui il piacere estetico dà vita.
Vi è una forza, che è della macchina, che si moltiplica dalla macchina generatrice inesauribile di macchine sempre più poderose, che ci rende sempre più inermi davanti alla sua cecità, alla sua metrica che si fa cieca per l’uomo, che perde ogni memoria per l’uomo smemorando essa l’uomo.
Tu sai dell’acceleramento portato alla storia dalla macchina, e della precarietà che ne viene agli istituti sociali, e del linguaggio che non sa più come fare per avere qualche durata da portersi volgere indietro e in qualche modo verificarsi lungo una qualche prospettiva. Quale sforzo dovrà sempre più fare l’uomo per non essere senza amore, senza dolore, senza tolleranza, senza pietà, senza ironia, senza fantasia; ma crudele, con il passato crollato, insensibilmente crudele come la macchina? Quale forzo dovrà sempre più fare per ridare valore sacro alla morte? Il volo, l’apparizione delle cose assenti, la parola udita nel medesimo suono casuale di chi l’ha profferita senza ostacoli di distanza di tempo e di luogo, gli abissi marini percorsi, il sasso che racchiude tanta forza da mandare in fumo in un baleno un continente, tutte le favolose meraviglie da Mille e una notte, e molte altre, si sono avverate, la macchina le avvera. Hanno cessato d’essere slanci nell’impossibile della fantasia e del sentimento, sogni , simboli della sconfinata libertà della poesia. Sono divenuti effetti di strumenti foggiati dall’uomo. Come l’uomo potrà risentirsi con essi strumenti grande, traendo forza solo dalla sua debole carne?
Forza morale! La rivista che inizia con questo numero le sue pubblicazioni, e che tu dirigi, si propone di richiamare l’attenzione dei lettori anche sulle facoltà strabilianti d’innovamento estetico della macchina. Vorrei anche che essa richiamasse l’attenzione su un altro ordine di problemi: i problemi legati all’aspirazione umana di giustizia e di libertà. Come farà l’uomo per non essere disumanizzato dalla macchina, per dominarla, per renderla moralmente arma di progresso?"

In ogni atto della scienza c'è un "contributo appassionato della persona"

Carlo Vinti, Michael Polanyi, Conoscenza scientifica e immaginazione creativa,Roma, Edizioni Studium, 1999.
"Polanyi può venir definito come vero e proprio assertore di un’epistemologia personalista, tendente a mettere in luce come in ogni atto di conoscenza entri «un contributo appassionato della persona», il quale non costituisce un’imperfezione ma «un fattore vitale della conoscenza stessa». Ciò succede, secondo Polanyi, anche nella conoscenza scientifica, vale a dire in quel tipo di conoscenza che il senso comune e lo stesso convincimento degli addetti ai lavori - filosofi ed epistemologi - ritengono caratterizzarsi per la più rigida neutralità e impersonalità. Una tale posizione, infatti, si pone in dichiarata ed evidente polemica con quegli ideali d’impersonalità, neutralità, universalità e oggettività propria tanto della tradizione epistemologica della modernità e propone un nuovo modo di intendere la conoscenza scientifica...Accettare, anche sul terreno della conoscenza scientifica, come ideale «una conoscenza che sia chiaramente personale», comporta porre l’accento sul fatto che tale conoscenza unisce i caratteri dell’universalità e oggettività con quelli della creatività e inventività individuali, dipende cioè contemporaneamente sia da obbligazioni verso una realtà e una verità che trascendono il singolo ricercatore, sia dall’“impegno” intellettuale del ricercatore stesso, dalle sue convinzioni, dalle sue decisioni, insomma dalla sua “responsabilità personale”."
             (da  FILOSOFIA/Esplorare la realtà: Michael Polanyi e il senso dell'esistenza umana )

La scienza dal giocattolaio

Davide Coero Borga, La scienza dal Giocattolaio, Beinasco (TO), Industri grafiche S.r.l, Novembre 2012
"...Perché a fare la differenza, nelle pagine che state per leggere, saranno non tanto i lemmi di questo piccolo vocabolario quanto le suggestioni di scienza e tecnologia che ci regalano alcuni insospettabili giocattoli per bambini, indiscussi protagonisti di questo libro. I giochi che troverete sono spesso stati icone di intere generazioni; talvolta affondano le proprie radici nella notte dei tempi, altre volte sono prerogativa dei maschietti o regno incontrastato delle femminucce, contesi fra i primi della classe, innocenti trastulli o armi pericolose nelle mani dei più imprudenti. L’intento è stato quello di offrire al lettore uno sguardo curioso nell’officina del giocattolaio: un personaggio mitico, avvolto nella nebbia dalla memoria bambina, custode di un regno dove cuccioli di sapiens sapiens, con il naso all’insù, misuravano con lo guardo pile di scaffali su cui stavano appollaiati balocchi desiderabili e ninnoli divertenti. I bambini di ieri sono nati in un mondo in cui scienza e tecnologia sembravano poter trovare una soluzione reale a qualsiasi problema. Diciamocelo: quando eravamo piccini la scienza aveva il suo fascino. Se usato con maestria, un kit del Piccolo chimico non aveva nulla da invidiare alle attrezzature del più bravo degli illusionisti. Gli specialisti del Meccano inventavano macchinari degni di Leonardo. Baker e provette da laboratorio sono stati allora sdoganati come strumenti ludici per bambini curiosi e intelligenti; mentre viti, travi perforate e pulegge sono finite fra le dita grassocce di apprendisti ingegneri. Ma il gioco e la curiosità, elementi chiave di un approccio scientifico al mondo, restano l’ingrediente principale di un buon giocattolo anche per i bambini di oggi. D’altra parte gli oggetti della scienza non sono nuovi a promozioni sul campo, e già in passato hanno avuto successo come veri e propri giocattoli: il telescopio, la bussola, il microscopio, i magneti, gli attrezzi e le stoviglie giocattolo, dicono molto di una tendenza a trasformare alcuni strumenti scientifici in edutoys..."
Buzz Lightyear
Nel giugno del 2008 un giocattolo Buzz Lightyear è stato spedito dalla NASA sulla Stazione Spaziale Internazionale per un programma didattico dovuto alla collaborazione con la Disney che aveva come scopo quello di avvicinare i bambini alla scienza. Quale migliore esempio per questo blog se non un "giocattolo scienziato"?


Immaginazione, Tecnologia &...Neuromante

In Neuromante non c'è un riferimento alla relazione tra immaginazione e tecnologia, ma il romanzo stesso è un esempio meraviglioso di immaginazione tecnologica. Se si pensa alla data di pubblicazione del libro, 1984, appare incredibile che Gibson abbia avuto una tale immaginazione nel descrivere Internet. E' stato Gibson, infatti, l'inventore di parole come ‘cyberspazio’ (lo spazio immateriale, costituito da dati, informazioni  e reti di computer), "hacker", "rete". William Gibson è stato l'inventore dell'immaginario collettivo della Rete, è stato lui a rendere universale l'immagine di poter navigare in una realtà virtuale proprio come se fosse un mondo parallelo. 
L'incipit di Neuromante è passato alla storia come una delle più famose frasi della letteratura fantascientifica di sempre.
 "Il cielo sopra il porto era del colore di uno schermo televisivo sintonizzato su un canale morto"
La caratteristica più evidente di questo genere è che sembra stato scritto ieri. Il futuro che immaginava Gibson, infatti, è per certi versi già arrivato. Se l' obiettivo di Gibson era descrivere il mondo verso il quale l'umanità si stava dirigendo, a distanza di 25 anni le sue previsioni risultano esatte (es. l'esistenza di una rete informatica universale). 
Quello che spaventa è la lucidità con cui Gibson immagina la generazione futura, una generazione che vive in una società basata sulla legge del profitto economico e su una tragica regressione sociale e umana. Il mondo di Case è comandato dalle multinazionali, dai poteri militari e industriali e dalla Yakuza, la mafia Giapponese. La criminalità è un fatto all'ordine del giorno completamente integrato nella quotidianità. 
  "Night City era come un esperimento dissennato di darwinismo sociale, concepito da un ricercatore annoiato che tenesse un pollice in permanenza sul pulsante dell'avanti-veloce. Smetti un attimo di farti largo a spintoni, e affonderesti senza lasciare traccia; muoviti un po' troppo velocemente, e finiresti per spezzare la fragile tensione superficiale del mercato nero; in entrambi i casi spariresti senza che di te rimanesse niente […] anche se il cuore, i polmoni o i reni avrebbero potuto sopravvivere per i serbatoi delle cliniche al servizio di qualche sconosciuto con un sacco di Nuovi Yen."
ARMITAGE, uno dei primi concept art per il film di Neuromante, diretto da Vincenzo Natali
CASE, un altro dei primi concept art del film Neuromante diretto da Vincenzo Natali
 Ma il problema principale di questo mondo è il rapporto dell'uomo con la tecnologia, la tecnologia infatti, è parte integrante del corpo di ogni essere umano (la maggiorparte dei personaggi possiede un innesto bionico, Molly per esempio si è fatta impiantare le lame retrattili e le lenti; sin dalla prima pagina l'autore descrive questo aspetto parlando del braccio meccanico di Ratz, il barista), lo stesso Case descrive Chiba come "sinonimo di innesti, giunzioni neurali e microbionica". Insomma il corpo nella sua forma naturale è ormai un'abitudine del passato e ognuno cerca di somigliare sempre più a una macchina.
-Questo costa un sacco di quattrini- proseguì Molly, allungando la mano destra come se reggesse un frutto invisibile. Le cinque lame scivolarono all'esterno, poi si ritrassero, rapide. - Costa andare a Chiba, costa la chirurgia, costa fare in modo che ti colleghino il sistema nervoso in modo che i riflessi ingranino con le apparecchiature-
Ciò che sopravvive nel mondo di Case sono le IA, esseri che a differenza dell'uomo non devono sottostare a limiti mentali e biologici. Sono loro che, non essendo relegate in strutture fisiche, riescono ad acquistare la superiorità assoluta e la libertà. Così, parola dopo parola Gibson riesce a capovolgere tutto ciò che c'è di umano in antiumano, una concezione che è ben rappresentata nel passo seguente:
"Case annuì assorto negli schemi dell'ICE della Senso-Rete. Era questo...Sì, ecco ciò che era, ecco il suo essere. Si dimenticò persino di mangiare. Molly lasciava contenitori di riso e vassoi di plastica pieni di sushi su un angolo del lungo tavolo. Talvolta lo irritava perfino il fatto di essere costretto a lasciare il terminale per usare la toilette chimica che avevano piazzato in un angolo del loft."
Tutto questo ci porta ad altre riflessioni riguardo la tecnologia. Se il prezzo che dovremo pagare nel futuro per l'innovazione tecnologica è vivere nella società di Gibson, se e quanto è giusto spostare i limiti del possibile? 

Video:
 http://www.cite-sciences.fr/english/ala_cite/exhibitions/science-et-fiction/networks-and-virtual-worlds#1

lunedì 20 maggio 2013

"Siete tutti uguali, voi smanettoni. Non avete immaginazione."


"Il cielo sopra il porto era del colore di uno schermo televisivo sintonizzato su un canale morto"
(Incipit)

Il cyberpunk è una tendenza letteraria nata alla fine degli anni Settanta come nuovo sottogenere di fantascienza in risposta alla sempre maggiore proliferazione di tecnologie informatiche e comunicazione. In quest' ambito vengono trattate vicende ambientate in una Terra non molto distante nel nostro futuro, dove alcuni personaggi loschie  straordinari si muovono in mondi surreali, ipertecnologici e decadenti.
William Gibson è il creatore vero e proprio del cyberpunk grazie al suo primo romanzo Neuromante (pubblicato nel 1984), considerato unanimamente il manifesto del genere.
Numerosissimi studi individuano delle somiglianze interessanti tra il romanzo di Gibson e il film Blade Runner di Riddley Scott. Entrambe le creazioni sono infatti di puro genere cyberpunk ed entrambe sono ambientate in un futuro postapocalittico, non troppo distante da noi, in cui l'umano si è trasformato in "postumano", tutto è stato soppiantato da sistemi tecnologici, la natura è stata sconfitta e qualche eroe lotta contro potenti gruppi economici o militari. Per quanto riguarda il tema della morte per esempio:
"Vedi, quelle cose possono lavorare sodo, trovare il tempo di scrivere libri di cucina o qualunque altra cosa, ma nel minuto, voglio dire nel nanosecondo in cui qualcuna comincia a miiaginare qualche mezzuccio per diventare più intelligente, Turing la spazzerebbe via. Nessuno si fida di quelle fottute bastarde, lo sai. Ogni IA che sia mai stata costruita ha una pistola elettronica collegata alla tempia."
L'eroe di Neuromante è Case, un cowboy del cyberspazio, un hacker il cui sistema nervoso è stato danneggiato da un' organizzazione in modo che non possa più collegarsi alla Matrice. Egli cerca in tutti i modi una cura che gli consenta di rientrare nel cyberspazio ma , quando crede di aver perso tutte le speranze, un tizio misterioso di nome Armitage lo recluta offrendogli una cura in cambio della sua partecipazione a una missione. Armitage aveva goià reclutato una bellissima ragazza assassina dal fisico artificialmente potenziato (impianto di lame retrattili), Molly.
Durante la prima parte della missione, in cui Molly e Case devono rubare il costrutto di Dixie Flatline, un hacker deceduto la cui personalità è stata inserita in un dispositivo ROM, i due scoprono che Armitage è manipolato da un IA, chiamata Invernomuto. L'obiettivo principale di Invernomuto è di eliminare i controlli di Turing che gli impediscono di evolversi in un'intelligenza superiore.


-"Quello che vedi è quello che ottieni", già- commentò Finn- Ho visto i diagrammi su software di quel tizio. Impressionante. Vedi quello che lui immagina. Penso che potrebbe restringerlo a un singolo impulsoe friggere una retina al tegamino.
          (William GIBSON, Neuromante, capitolo 7, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2003, p 91)


-Quanto è intelligente un'intelligenza artificiale, Case?-
-Dipende. Alcune non sono più intelligenti di un cane. Animaletti da salotto. Costano una fortuna, comunque. Quelle davvero intelligenti lo diventano quando il controllo di Turing sarà disposto a lasciarle evolvere.
-Senti, tu sei un cowboy...come mai non ne sei stregato?
-Be', tanto per cominciare sono rare. La maggiorparte di loro, quelle davvero intelligenti, sono militari, e noi non possiamo penetrare l'ICE. E' da lì che viene tutto l'ICE, sai.E poi ci sono i controllori Turing, brutte bestie. - Si guardò intorno- Non so, è soltanto che non è roba del mio giro.
-Siete tutti uguali, voi smanettoni. Non avete immaginazione.
          (William GIBSON, Neuromante, capitolo 7, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2003, p 96)